sabato 12 marzo 2016

Omaggio IV ed. 2015 - Giorgio Patrizi - I realismi di Pagliarani



Nella storia dello sperimentalismo novecentesco, la poesia di Elio Pagliarani svolge il ruolo precipuo di una ricerca rigorosa, che articola senza sosta le interrogazioni sulla natura della poesia e del suo specifico linguaggio, dando al tema delle risposte, da un lato diverse e ben rispondenti alle diverse fasi storico-culturali attraversate, dall’altro costantemente riconducibili ad una serie di problemi di base della riflessione metaletteraria. Sono pochi gli autori che con tanta consequenzialità hanno attraversato i momenti diversi, se non contrastanti, che hanno caratterizzato gli ultimi quarant’anni del secolo XX, muovendo dalla sperimentazione degli anni Sessanta al confronto con la scrittura della tarda modernità e della postmodernità degli anni Novanta.  Peraltro confrontandosi con tutte le tensioni culturali che si sono susseguite in questi decenni, con quelle forme epocali di riformulazione dei codici di lettura della realtà che hanno impresso via via svolte fondamentali al dibattito culturale. 
I temi e i problemi a cui qui si vuole alludere sono quelli che costituiscono la base del dibattito dei decenni in questione: dalle culture del corpo e del rapporto di questo con le diverse sfere della conoscenza e della comunicazione, quale fu definito negli anni del femminismo e dell’antipsichiatria, alla riscoperta della cultura materiale come tradizione capace di opporsi ai luoghi comuni della cultura alta. Dalle scritture delle citazioni, nate, com’è noto in ambito postmoderno, ma elaborate talora con modalità tali da potersi leggere in opposizione al citazionismo ludico che caratterizzava il postmoderno stesso. Ed ancora il gioco della riscrittura, interpretato come occasione di riflessione metapoetica e, più genericamente, metaletteraria. 
Di tutte queste modalità di intervento sulla natura del testo e sulla sua funzionalità in prospettiva sia storica che linguistica, Pagliarani dà una interpretazione di grandissima efficacia e rigore, ponendosi come uno degli interpreti più  puntuali dei dibattiti vivacissimi di quegli anni. Per comprendere la centralità della sua opera occorre partire da quel particolare approccio alle tematiche dei Novissimi e della neoavanguardia testimoniato, ad esempio, da Walter Siti in un suo intervento su Il realismo dell’avanguardia. In quel saggio l’opera di Pagliarani era letta come una peculiare modalità di approccio realistico all’universo della modernità avanzata, nello sforzo di superare la tradizionale interpretazione del realismo come una specie “retorica dell’oggettività”. Ed infatti, se leggiamo un poemetto come La ragazza Carla, accanto, ad esempio, ai testi di altri due novissimi come Giuliani e Sanguineti, non si può non scorgere la distanza tra il postsurrealismo degli ultimi due e la narrazione in versi di Pagliarani. Ma se poi osserviamo la specifica costruzione di questo testo, con gli intarsi di citazioni testuali di diversa matrice (stampa, manuali professionali, manifesti pubblicitari, ecc.), possiamo ricondurre tali strategie testuali alla poetica più tipica della neoavanguardia, con i temi della deflagrazione dei codici istituzionali della poesia, l’abolizione della centralità dell’io poetante, la costruzione di un reticolo di materiali dati che vanno a comporre il testo, come esito della cultura massmediatica o della doxa tipica di un determinato contesto storico-sociale. Insomma il Pagliarani novissimo (e dunque non solo La ragazza Carla, ma anche Il Fecaloro, per continuare con Lezione di fisica ed altri testi collocabili tra gli anni Cinquanta e i Sessanta), nei cui testi in cui si scandisce l’appassionato dialogo tra le motivazioni biografiche e le “enciclopedie” della contemporaneità. Il realismo di Pagliarani qui si nutre delle formule più viete degli stereotipi ideologici e linguistici, i linguaggi della realtà massificata, gli idiomi del mondo alienato del capitalismo avanzato, la crudezza dispotica del linguaggio dei potenti e l’ingenuità di quello degli umili: insomma “realismo” equivale al lavoro sui modi della comunicazione, verbale e non, sui testi che la cultura di massa accumula nella quotidianità.
La tappa successiva è quella di ricondurre questa operazione di smontaggio e rimontaggio –da cui scaturiva la narrazione in versi della Ragazza Carla- ad una raffinata operazione metaletteraria e metafilosofica. Assumendo ad oggetto della manipolazione linguistica –certo suggerita dalle pratiche postmoderne, ma agli antipodi per strategia espressiva ed antiideologica- scritture emblematiche di un’epoca e di una cultura (Platone, Savonarola), Pagliarani interviene a smembrarne le pagine, per poi ricostruirle con nuove funzioni enunciative. Ogni verso sembra risuonare, con tutta la suggestione del vocabolario e dell’enciclopedia a cui fa riferimento, ma anche con la forza evocativa di una verità che affiora dalle parole, da asserzioni che ora risuonano irrelate e definitive. Ancora una volta si afferma la prospettiva di un realismo che riconduce i linguaggi alla loro natura di base, fatta di vissuti, sofferenti e scandalosamente eloquenti.
         Una fase ancora diversa – che si snoda attraverso decenni, con un testo continuamente riscritto e ripensato- è quella testimoniata dalla Ballata di Nandi, grande esempio di una poesia in cui s’intrecciano narrazione, voci basiche dei protagonisti, impennate dei linguaggi che si organizzano con i ritmi via via più eloquenti, ora ossessivi, ora smorzati in considerazioni malinconiche, perfino gnomiche. E siamo ad un’ulteriore modalità del realismo di Pagliarani, quella che sembra enfatizzare come nucleo irrinunciabile di ogni forma di narrazione della realtà il racconto del corpo, del ritmo che attorno ad esso acquistano quei gesti e quegli eventi di cui i corpi sono protagonisti.
Tutto questo solo per alludere ad alcune chiavi che testimoniano la portata storica del lavoro poetico di Pagliarani, il suo modo, appassionato e di grande rigore etico, di coniugare ricerca linguistica e stilistica e impegno civile, attenzione per gli umili e i vinti  e per i loro linguaggi.






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