- Omaggio a Petrarca, II^ ed 2013 -
Pina Majone Mauro
T’hanno cantato musici e poeti
o dolce Italia mia bella e gentile
terra divina superbo
baluardo
tra l’oriente celeste e
misterioso
di libecci e profumi e
spezie e fiori
e il mistral che dalle
porpore cadenti
investe le colonne
minacciose
dove l’olimpio Giove
furibondo
pose il veto all’umana
conoscenza
tra Calpe e Abila ai confini
del mondo.
Dalla sua triste libertà
coatta
ti cantò Ovidio esule poeta
che da Tomis ombrosa sempre
invano
invocava il ritorno ed il
perdono
del suo signore Augusto
amato e offeso.
E ti cantò Virgilio Terra
Promessa
all’Eroe che scampò da Ilio
in fiamme
e ai tuoi lidi approdò per
generare
col favore di Marte e di
Afrodite
la tua stirpe divina e la
tua gloria.
Fosti anche il sogno di
barbari guerrieri:
il “Flagello di dio” Attila
insonne
che bruciò l’erba del tuo
sacro suolo
Odoacre che su di te regnò
Alarico che ti mise a ferro
e fuoco
e quaggiù venne a morire e
qui riposa
nell’ ansa del Busento all’
Alpe bruzia….
poi Federico Manfredi e
Corradino
che con l’arte e la spada
t’onorarono e ti persero per
sempre…
Di te cantò il “Ghibellin fuggiasco”
Maestra del Diritto e della
Storia
nel suo immortal Poema
tra i dannati con Ciacco e
Farinata
tra i salvati col musico
Sordello
con Giustiniano nel Cielo
dei Giusti
Poi dall’alto granito dei tuoi monti
“ tetto d’Europa” il nobile
Aretino
ti ammirò languida e distesa
nel tuo mare latino
in bilico sospesa
tra la virtù e l’errore e si
doleva
di te amante bellissima e
perduta
del tuo avverso destino e
sospirava
“ Italia mia benché il parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse io veggio…”
Tanto t’amò l’alto Cantor
d’Arezzo
schiava d’alto lignaggio
eppur magistra
d’archi e di leggi
inascoltata e fiera.
Il silenzio dei secoli prevalse
sul destino annunciato
fuggì Erato divina e Clio la
bella
disertò i propilei
saltarono le corde delle
cetre
dei Poeti per paura appese
alle fronde dei salici
silenti.
Poi dall’esilio
della Garfagnana
il grande Segretario
Fiorentino
profetizzava l’epico ritorno
di un nuovo Mosè liberatore
e “…temprando lo scettro ai
regnatori
gli allor ne sfronda ed alle
genti svela
di che lacrime grondi e di
che sangue…”
Poi
l’infelice Vate
in cerca d’infinito
rimembrando
“….vede le mura e gli
archi…”
delle tue antiche glorie e
si addolora
del tuo presente delle tue
sventure…..
Dai Sepolcri
dei Grandi alto e possente
s’alza il verso di Foscolo
ramingo
“…a egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta…” e l’eco divampò
nel cuore degli eroi che poi
morirono
perché tu fossi ancora
grande e libera.
A Babilonia
intona l’alto canto
di libertà il Cigno di
Busseto
“Va’ pensiero sull’ali dorate
va’ ti posa sui clivi sui colli
ove olezzano tepide e molli
l’aure dolci del suolo natal…”
e pensando ai Fratelli
di lotta e di passione
Goffredo ti
donò la giovinezza
e morendo per te che ti
destavi
dal lungo sonno della
schiavitù
intonò l’inno alla tua
libertà.
Cinta la testa dell’elmo di
Scipio
attraversasti il secolo
ventesimo
tra acefale vittorie e
genocidi
tra Yalta mercato dei popoli
e Hiroshima vergogna del
mondo.
Ora mi pare e
anch’io ti canto e piango
che lo spettro di Vico
lanci anatemi e ripresenti
il conto
a chi giura di amarti e ti
rivende
a prezzo inflazionato
a mercanti e a ladroni.
Piazze infuocate e tribunali
ed are
tutto è perduto Italia mia e
invano
noi musici e poeti
libiamo latte ed intrecciam
corone
sulle urne dei Padri
sull’ara sconsacrata vacilla
la memoria.
Solo l’eco
rimane
della tua lunga storia,
Italia mia
“…e pianti ed inni e delle Parche il canto…”
Più che mai vero
oggi risuona
il canto di Sordello
“…ahi serva Italia di dolore ostello
nave senza nocchiere in gran tempesta
non donna di
provincie ma bordello..”