Della poesia
di Pagliarani si è soliti valorizzare il peculiare realismo di Cronache
e altre poesie (1954) e della Ragazza Carla (1960), e
lo sperimentalismo da Lezione di fisica (1968) a La ballata
di Rudi (1995), ma si può seguire anche il fil rouge dal suo discorso
amoroso.
Non è a un
orizzonte sentimentale e autobiografico che ci si riferisce, nonostante esso
possa essere rintracciato nelle poesie di Pagliarani come in quelle di ogni
poeta, ma al discorso amoroso come discorso sul linguaggio. In questo
contesto Esercizi platonici (1985) riveste un valore
inaspettatamente significativo, e in particolare per il ruolo che Pagliarani
assume come Maestro di poeti.
Negli Esercizi
platonici l’autore sembra proprio discutere questo suo ruolo di
Maestro mettendo in opera un laboratorio della scrittura e dello stile intorno
ai temi dell’amore e del piacere. Negli Esercizi sono
raccolti, infatti, frammenti dei dialoghi del Filebo e
del Simposio di Platone. Estratti dal contesto originale e
rimontati, i frammenti compongono un discorso nuovo in poesia e di poesia,
ironico e autoironico. Come Socrate, Pagliarani si veste a festa per discutere
da Maestro con i poeti, oltre che con i lettori. E non è un caso che la
raccolta sia stata scritta negli anni in cui l’autore di Lezione di
fisica teneva laboratori di poesia a Roma. Lo stesso suo
apprendistato, d’altronde, è segnato dal tema dell’amore nell’Inventario
privato (1959), i cui versi furono scritti contemporaneamente al
poemetto della Ragazza Carla che lo imporrà all’attenzione della
critica e dei lettori.
Alfredo
Giuliani recensendo Esercizi platonici ha notato che
«l’arguzia, il gioco ironico di Pagliarani risiede proprio nella finzione e
nella sfida di trasformare in poesia alcuni momenti del discorso platonico che
non sono “poetici”, per così dire», e ciò a maggior ragione se si tiene conto
del fatto che Platone non assegnava valore all’espressione poetica. Pagliarani
ricava, quindi, dalla filosofia delle poesie, indicando anche il metodo di
composizione del suo linguaggio, in cui materiali appartenenti a codici
eterogenei, e originariamente non poetici, vengono ricollocati nel discorso in
funzione straniante e come in una messa in scena di voci.
Per
gli Esercizi platonici è lo stesso Pagliarani a sottolineare
nella nota che accompagna il libro, quasi rivolgendosi direttamente ai più
giovani poeti con indicazioni operative, di essersi servito di una traduzione
dei Dialoghi non filologica (quella di Enrico Turolla),e per
un “esercizio” dello stile: «prigioniero del verso lungo, del verso a
fisarmonica spalancata, ho cercato di riacquistare facoltà di articolazione più
variegata (mi riferisco, per esempio al pedale sommesso di Inventario
privato). Quindi, non ho fatto che trascrivere e scandire il linguaggio colloquiale
di Platone». Allo stesso tempo Pagliarani è Maestro di ironia e di leggerezza,
tanto è vero che nel gioco degli Esercizi dichiara di avere
inserito solo tre sue parolette in altrettante poesie: oro, re,
ora.
Quel suo
trascrivere e scandire il linguaggio colloquiale di Platone, come esercizio del
ritmo, della struttura del discorso, della sintassi, allude ad una attenzione
alla misura – nella accezione anche musicale -; misura che non è in
contraddizione con l’esuberanza espressiva di opere come Lezione di
fisica o come La ballata di Rudi, in cui il sistema a
fisarmonica è solo apparentemente de-lirante, in realtà ottenuto grazie a una
straordinaria capacità di tenere il ritmo a partire dalle più piccole unità del
discorso e di moltiplicarne gli esiti in un movimento sinuoso come le onde di
un mare che non deve appassire.
Così,
nell’intermezzo di A spiaggia non ci sono colori della Ballata
di Rudi irrompe la danza erotica di Una che non ci sta e
subito dopo la scientifica riflessione sul peso, sul corpo, sulla «forza di
gravità che ci strappa il cordone ombelicale».
Un altro
confronto amoroso, non ballabile ma ritmico, è Lezione di fisica –
tra l’altro non è casuale che due dei più importanti poemetti di Pagliarani
abbiano come interlocutori-attori delle donne, Carla, la ragazza e Elena della
lezione in cui compare in controluce Silvia leopardiana («Elena oh le sudate
carte»). Nella Lezione di fisica il discorso amoroso è articolato
intorno ad una scienza metaforica, quella degli affetti-effetti della
radiazione del corpo nero di Planck e, insieme intorno allo straniamento
ironico e alla «gioia che mi dai quando ti stufi / di me, quando mi dici se
scriverai di me dirai di gioia/ e che sia gioia attiva, trionfante, che sia una
barzelletta spinta, magari».
La ricerca di
ampliare il linguaggio poetico, obiettivo esplicito del poeta, sta
nell’attraversare la semantica e la sintassi e la tonalità e il ritmo e i
generi stessi e nell’arricchirli sociologicamente inserendovi anche
contraddizioni, fra le quali il discorso amoroso come espressione di ciò che si
sottrae alla lingua e che la poesia, invece, include rinnovando le forme - il
poemetto è, secondo Pagliarani, un’«educazione sentimentale».
Inventario privato è, in questa prospettiva, il primo laboratorio della una nuova poesia
delle «svariate idee d’amore e di ingiustizia»: discorso aspro e disincantato,
esso contiene felici proposte per rifondare il discorso (amoroso) dei poeti
attraverso il piacere della lingua.
Ma lo
stimolo è più forte e se le forze
non
sono state lese alle radici
tu
dài un senso a tutta la mia vita
ai miei
passati anni milanesi
a questa primavera tempestiva.