giovedì 10 ottobre 2013

Pina Majone Mauro, Omaggio a Petrarca, Roma, 7 maggio 2013

 - Omaggio a Petrarca, II^ ed 2013 - 
Pina Majone Mauro

 
Roma, 7 maggio 2013

T’hanno cantato musici e poeti

o dolce Italia mia bella e gentile
terra divina superbo baluardo
tra l’oriente celeste e misterioso
di libecci e profumi e spezie e fiori
e il mistral che dalle porpore cadenti
investe le colonne minacciose
dove l’olimpio Giove furibondo
pose il veto all’umana conoscenza
tra Calpe e Abila ai confini del mondo.
Dalla sua triste libertà coatta
ti cantò Ovidio esule poeta
che da Tomis ombrosa sempre invano
invocava il ritorno ed il perdono
del suo signore Augusto amato e offeso.
E ti cantò Virgilio Terra Promessa
all’Eroe che scampò da Ilio in fiamme
e ai tuoi lidi approdò per generare
col favore di Marte e di Afrodite
la tua stirpe divina e la tua gloria.
Fosti anche il sogno di barbari guerrieri:
il “Flagello di dio” Attila insonne
che bruciò l’erba del tuo sacro suolo
Odoacre che su di te regnò
Alarico che ti mise a ferro e fuoco
e quaggiù venne a morire e qui riposa
nell’ ansa del Busento all’ Alpe bruzia….
poi Federico Manfredi e Corradino
che con l’arte e la spada
t’onorarono e ti persero per sempre…

Di te cantò il “Ghibellin fuggiasco”

Maestra del Diritto e della Storia
nel suo immortal Poema
tra i dannati con Ciacco e Farinata
tra i salvati col musico Sordello
con Giustiniano nel Cielo dei Giusti

                    Poi dall’alto granito dei tuoi monti

“ tetto d’Europa” il nobile Aretino
ti ammirò languida e distesa
nel tuo mare latino
in bilico sospesa
tra la virtù e l’errore e si doleva
di te amante bellissima e perduta
del tuo avverso destino e sospirava
“ Italia mia benché il parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse io veggio…”
Tanto t’amò l’alto Cantor d’Arezzo
schiava d’alto lignaggio eppur magistra
d’archi e di leggi inascoltata e fiera.

                    Il silenzio dei secoli prevalse

sul destino annunciato
fuggì Erato divina e Clio la bella
disertò i propilei
saltarono le corde delle cetre
dei Poeti per paura appese
alle fronde dei salici silenti.
Poi dall’esilio della Garfagnana
il grande Segretario Fiorentino
profetizzava l’epico ritorno
di un nuovo Mosè liberatore
e “…temprando lo scettro ai regnatori
gli allor ne sfronda ed alle genti svela
di che lacrime grondi e di che sangue…”
Poi l’infelice Vate
in cerca d’infinito rimembrando
“….vede le mura e gli archi…”
delle tue antiche glorie e si addolora
del tuo presente delle tue sventure…..
Dai Sepolcri dei Grandi alto e possente
s’alza il verso di Foscolo ramingo
“…a egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta…” e l’eco divampò
nel cuore degli eroi che poi morirono
perché tu fossi ancora grande e libera.
A Babilonia intona l’alto canto
di libertà il Cigno di Busseto
“Va’ pensiero sull’ali dorate
va’ ti posa sui clivi sui colli
ove olezzano tepide e molli
l’aure dolci del suolo natal…”
e pensando ai Fratelli
di lotta e di passione
Goffredo ti donò la giovinezza
e morendo per te che ti destavi
dal lungo sonno della schiavitù
intonò l’inno alla tua libertà.
Cinta la testa dell’elmo di Scipio
attraversasti il secolo ventesimo
tra acefale vittorie e genocidi
tra Yalta mercato dei popoli
e Hiroshima vergogna del mondo.
Ora mi pare e anch’io ti canto e piango
che lo spettro di Vico
lanci anatemi e ripresenti il conto
a chi giura di amarti e ti rivende
a prezzo inflazionato
a mercanti e a ladroni.
Piazze infuocate e tribunali ed are
tutto è perduto Italia mia e invano
noi musici e poeti
libiamo latte ed intrecciam corone
sulle urne dei Padri
sull’ara sconsacrata vacilla la memoria.
Solo l’eco rimane
della tua lunga storia, Italia mia
“…e pianti ed inni e delle Parche il canto…”

               Più che mai vero
oggi risuona il canto di Sordello
“…ahi serva Italia di dolore ostello
nave senza nocchiere in gran tempesta
non  donna di provincie ma bordello..”   


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